Intervista a Gian Paolo Montali

Direttore del progetto Ryder Cup

Gian Paolo Montali, allenatore e dirigente sportivo. Nel corso di una carriera più che ventennale ha collezionato la vittoria di cinque scudetti, svariate coppe, un mondiale, due ori europei e un argento olimpico. È stato dirigente di Juventus e Roma e attualmente è direttore generale del Progetto Ryder Cup, la più importante competizione internazionale di golf. Icona di stile e uomo simbolo della capacità di unire programmazione e cuore.

 

 

Tradizioni, sport, mondanità e la grande bellezza della Città Eterna. È un mix perfetto quello che circonda l’evento Ryder Cup, la più importante e prestigiosa manifestazione di golf al mondo, che quest’anno ha scelto Roma come palcoscenico d’eccezione. Si gioca “solo”, si fa per dire, per la gloria. In palio ci sono la coppa e l’onore della vittoria. La rassegna mette di fronte gli Stati Uniti e il Vecchio Continente, con l’Europa che gioca unita sotto un’unica bandiera, un messaggio che va ben oltre lo sport. Un evento così importante non poteva che essere affidato ad un top player: Gian Paolo Montali, icona di stile e uomo simbolo della capacità di unire programmazione e cuore, tratti distintivi dello spirito azzurro.

 

Mister Montali, la sua carriera è costellata di successi e l’ha sempre messa a confronto con il mondo sfavillante dello sport praticato ai massimi livelli. Qual è il suo concetto di lusso?

«L’errore più comune è confondere il lusso con la ricchezza. Sono convinto che il vero lusso sia nella possibilità di scegliere. Nel corso della mia vita, personale e professionale, ho avuto la fortuna di muovermi in contesti eccezionali, spesso anche di confrontarmi con uomini abituati ad esperienze straordinarie. Ma il vero lusso non ha nulla a che vedere con lo sfarzo. Il lusso è uno stato d’animo, qualcosa di molto intimo che ci mette in connessione con il mondo che ci circonda e ci consente di vivere esperienze uniche».

 

In questa accezione, definirebbe il golf uno sport di lusso?

«In questo senso sì. È uno sport che ci spinge a scegliere chi vogliamo essere. Nobile, ma non da ricchi. In questi anni abbiamo portato avanti un gran lavoro per sfatare il falso mito che sia una pratica d’élite. Siamo riusciti a far appassionare migliaia di giovani, trasferendo loro i valori di una disciplina che ha tra le sue caratteristiche principali quella del fair play».

 

I biglietti disponibili per la Ryder Cup 2023 sono andati esauriti in poche ore. Ci saranno spettatori (circa 50.000 al giorno) provenienti da 85 nazioni differenti, su una richiesta proveniente da 140 nazioni. Come si gestisce uno stress e una responsabilità tanto grande?
«L’impegno è enorme, lo ammetto, ma ho attorno a me una squadra eccezionale. Un importante sostegno lo abbiamo trovato anche nel Governo e in particolare nel ministro Andrea Abodi e il suo staff. Oltre questo, diciamo che sono uno che sotto pressione riesce a dare il meglio. In definitiva, il segreto è in tre concetti di base: lavoro, lavoro, lavoro».

Che poi è il suo mantra sin dai tempi dei successi sui campi di pallavolo.

«Sì, i miei allenamenti erano sempre più impegnativi e duri del match che ci saremmo trovati a disputare. Paradossalmente, in questo modo, per i miei giocatori la gara era quasi il momento meno impegnativo».

 

 

Un insegnamento per chi vuole essere un vincente?
«Mai lasciare nulla al caso, mai cercare scorciatoie. Non un concetto facile da far passare nell’era dei social e in una società che vuole tutto e subito. Anche in questo il golf ha molto da trasmettere ai giovani e ai meno giovani. È importante comprendere che dietro ogni vittoria c’è un enorme sacrificio. Il successo, il lusso e la soddisfazione personale sono possibili solo se si è performanti nel proprio lavoro».

 

 

In fatto di stile, qual è l’accessorio al quale non rinuncerebbe mai?

«La camicia bianca è certamente un mio tratto distintivo. Il mio armadio ne è pieno e ritengo che rispecchi bene il mio modo di essere. Oltre questo, le scarpe sono un dettaglio al quale guardare con attenzione, dicono di un uomo più di quanto si possa leggere nel suo curriculum».

 

 

Ci spieghi meglio.

«Spesso vedo uomini, apparentemente distinti, che indossano scarpe improponibili. Da una scarpa puoi capire molto della personalità del tuo interlocutore: se è attento ai dettagli, se è una persona attiva, se è uno che si mette in gioco. Per me le caratteristiche di una scarpa sono tre: lo stile, naturalmente, ma anche una pianta larga e una suola resistente. Sono uno che sta poco seduto, che ama calpestare il terreno di gioco della vita».

 

L’Italia è un palcoscenico veramente d’eccezione. La Ryder Cup può essere anche considerata un volano per il turismo?
«Non c’è alcun dubbio. Pensi che la manifestazione giocata in Francia nel 2018 ha visto oltre 270.000 spettatori presenti al Le Golf National, ha raggiunto oltre 600 milioni di abitazioni con più di 160 Paesi collegati in diretta televisiva. La Ryder Cup è lo strumento ideale per promuovere le meraviglie dei luoghi che la ospitano e al contempo far conoscere sempre più uno sport in continua espansione e tra i più praticati al mondo».