Intervista a Francesco Continisio
Presidente Scuola Europea Sommelier
di Ida Palisi
Francesco Continisio, Presidente della Scuola Europea Sommelier, relatore ai Corsi Professionali Formazione Sommeliers e Food & Beverage.
«Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra», sosteneva lo scrittore Mario Soldati. E oggi sembrano essersene accorti anche gli italiani, che non scelgono più solo mete ludiche o di semplice svago per i loro viaggi ma desiderano sperimentare attività sempre diverse, corredate da buon vino. In cima alla lista delle destinazioni più gettonate compaiono le degustazioni in vigna. Ma come si fa a scegliere bene? È fondamentale andare al di là delle mode e dell’improvvisazione fai da te, come spiega Francesco Continisio, presidente della Ses, la Scuola Europea di Sommelier.
Continisio, come deve essere un tour del vino per poterlo considerare all’altezza delle aspettative?
«Si deve avere una cognizione ben precisa di quello che è il lavoro attorno al vino, sia dal punto di vista culturale che di quanto si fa in cantina e in vigna. È come una lezione sul campo, con esposizioni anche tecniche, come ad esempio sui tipi di impianto nei vigneti, che, se fatte bene, restano anche nella memoria e fanno capire che c’è anche molta competenza attorno a una bottiglia di vino».
È vero che il vino è un’esperienza sensoriale a 360 gradi?
«Certo, perché rispecchia quel che è il territorio in termini non solo geografici ma anche storici. In questo senso i professionisti del settore, i sommelier, sono chiamati a essere non solo esperti ma narratori del vino e del territorio che rappresenta, perché il vino è imprescindibile da quella che è la tradizione culturale del territorio».
Ci sono luoghi in cui questo legame è particolarmente evidente?
«Un esempio su tutti è la Sardegna che viene considerata a torto un’isola ma è una sorta di continente a sé, dove ha influito moltissimo la pastorizia e dove non esistono pescatori. Perciò anche se nelle zone costiere si è privilegiato il consumo dei vini bianchi, la tradizione culinaria legata alla pastorizia impone in altre parti dell’isola l’abbinamento con il rosso. In questo senso un’area tutta da riscoprire è quella del Sulcis, bellissima e a torto un po’ emarginata rispetto al Nord Est. L’enoturismo qui sarebbe una bella opportunità di conoscenza».
In Italia non ci sono gli châteaux come in Francia ma comunque percorsi che vale la pena seguire, sulla scia del vino?
«Certo, il nostro Paese non ha niente da invidiare al suo vicino di casa. Da Nord a Sud, oltre alle strade del vino, ci sono tantissime aziende vitivinicole in grado di offrire una full immersion tra i vigneti, le cantine, gli antichi casali trasformati in resort di lusso. Le Langhe sono disseminate dai più bei vigneti d’Italia mentre in Toscana prestigiose aziende con storie secolari propongono visite ai vigneti per terroir di appartenenza, degustazioni guidate dei vini e anche ottima ristorazione».
In Toscana c’è anche Sting.
«Il suo Palagio è un buon vino, prodotto a Figline Valdarno, diventato luogo eletto per la produzione biologica e biodinamica in un territorio ricco di fascino. Ma ci sono tanti stranieri che si innamorano di questo mondo e vengono qui convinti che basti spendere il loro nome per avere successo anche come viticultori. Alla fine però quella di Sting è un’eccezione».
Quali sono le particolarità dei territori?
«C’è un fascino molto differente da regione e regione. In Toscana si parte sempre dai feudi nobiliari perché la viticultura è nata così, mentre in Campania c’è più frammentazione perché è partita dall’ agricoltura, in Piemonte dai piccoli proprietari terrieri, oppure nelle Marche dalla mezzadria. Come Ses abbiamo organizzato il premio “Wine destination Italia” che viene dato alle aziende che si sono classificate nelle prime 100 al mondo, nel Best Word Vineyard. L’anno scorso nove aziende su cento erano italiane: significa che ci si sta organizzando bene anche qui».
Come funziona l’ospitalità legata al vino?
«È diversa da regione a regione. Nelle Langhe si trovano i casali legati all’origine contadina, in Campania strutture familiari, in Sicilia resort di lusso sul mare. Là una delle zone più significative da raccontare è quella di Marsala che ha una storia secolare nella produzione dei vini. Il Marsala infatti nacque dal trasporto di botti in Inghilterra con le navi: al vino veniva aggiunto dell’alcol per conservarlo e far sì che non diventasse aceto. Il risultato è oggi un tipo di vino tra i più conosciuti al mondo».
Altre curiosità sparse per la penisola?
«In Valle d’Aosta c’è il Prié blanc considerato il vitigno più alto d’Europa. La “viticultura eroica” che strappa terrazzamenti alle montagne per coltivare la vite è sempre molto interessante da scoprire, come anche in Abruzzo stanno facendo l’esperimento di mettere ad affinare le bottiglie sotto la neve e sull’isola del Giglio c’è un viticultore che mette le uve nell’acqua di mare».