Come ci è riuscito?
«Cercavo da anni di portarla al grande pubblico, mi sono impegnato nella diversificazione, abbiamo fatto il teatro, poi il mio spettacolo che ho portato nelle principali piazze d’Italia, soprattutto in luoghi che non erano abituati alla danza ma più a scenari pop. Mi sono avvalso di grandi collaborazioni, insomma soluzioni diverse e più ampie proprio per riuscire a allargare il bacino di utenza. Quando è arrivata l’opportunità di creare uno spettacolo di danza, diventando il protagonista di una serata di varietà televisivo, l’ho colta al volo. Ma lo considero il punto di arrivo di un percorso più ampio iniziato molto prima».
A questo proposito, anche dopo Sanremo sui social sono comparsi moltissimi video di bambini che ballavano davanti la tv mentre lei si esibiva in bolero. Pensa mai all’effetto che ha sulla vita delle persone?
«Capita spesso che le persone mi dicano quanto una mia performance possa essere stata importante per loro, per me è bellissimo essere riuscito a comunicare qualcosa di unico, di bello e profondo. Mi piace pensare che sia così anche per molti ragazzi giovani che vedono un mio spettacolo dal vivo o in tv, affinché questo possa fungere da seme che un giorno sboccerà in qualcosa di bello. Per i video dopo Sanremo devo dire che è stato divertente, alcuni di questi bambini poi erano piccolissimi e da tutto il mondo, per me è un complimento enorme perché comprendi l’impatto di cui parlavamo prima, come possa arrivare poi a tutti».
Lei spesso si fa portavoce di problematiche relative al giusto riconoscimento che la danza necessita nel nostro paese e di come ci sia bisogno di avere delle vere e proprie regolamentazioni. Cosa si può fare?
«Le condizioni che ci sono ora in Italia non favoriscono la danza, la penalizzano. Spesso nelle programmazioni dei teatri viene relegata all’ultimo posto, basti pensare a come negli ultimi anni i corpi di ballo in Italia si siano dimezzati, con relativa perdita di posti di lavoro oltretutto. Il problema è che spesso quando viene fatto il programma annuale l’opera e la stagione sinfonica occupano una posizione e il balletto un’altra. Questo avviene perché non si ha una cultura del ballo, chi ricopre la posizione di gestione dei teatri ama l’opera e i finanziamenti di conseguenza vanno lì. Non c’è un vero e proprio budget dedicato al balletto, è il teatro che decide come destinare il tutto e di certo il balletto arriva per ultimo. Bisognerebbe aiutare anche attraverso degli sgravi fiscali chi vuole investire nella nostra arte».
Avere un nome come il suo aiuta a farsi sentire?
«Certo, ma la questione riguarda migliaia di ballerini, di persone che amano la danza, e proprio per questo per me è importante farmi portavoce soprattutto per le giovani generazioni, così se le cose dovessero cambiare, i giovani talenti avranno uno spazio anche in Italia. La danza ha un valore enorme qui, è molto diffusa non solo a livello artistico, è un vero e proprio motore economico, ci sono molti più ragazzi che sognano di diventare ballerini e molte più scuole dedicate a questo che al diventare cantanti d’opera».