di Raffaele Nespoli
L’unico limite all’impiego del cioccolato è la fantasia. Nulla al mondo, nessuna materia prima, è in grado di rapire i nostri sensi in modo così totale e coinvolgente. Parlando con Ernst Knam è subito chiaro perché sia universalmente riconosciuto come il re del cioccolato.
Ernst, se non fosse diventato chef cosa le sarebbe piaciuto fare?
«Sicuramente qualcosa di artistico. Pensandoci, credo che avrei creato gioielli».
Alcune sue creazioni sono vere opere d’arte, qual è il cioccolato più raro nel quale si è imbattuto?
«Esistono moltissime varietà prodotte su larga scala che sono di ottima qualità, ma se cerchiamo qualcosa di unico dobbiamo guardare ai piccoli produttori locali. Aziende spesso a conduzione familiare che curano ogni minimo dettaglio. E, naturalmente, il prezzo sale. Io il mio cacao raro l’ho trovato in Perù, tre anni fa».
Cos’ha di tanto speciale?
«Vidi una pianta molto particolare, poi scoprì che si chiama Señorita. Mi colpì il fatto che le cabosse (i baccelli, ndr) fossero grandi quanto un limone, solitamente hanno le dimensioni di un melone. I produttori mi spiegarono che questa pianta produce solo 35 o 40 cabosse due volte l’anno. Il cacao della Señorita è senza alcun dubbio il più buono che io abbia mai assaggiato, un cacao peruviano insolitamente privo di note acide. Ricco invece di aromi di champagne, mango, frutto della passione».
E quel cacao lo ha portato in Italia?
«Ne ho fatto una linea dedicata a mia moglie, Frau Knam, e il packaging lo ha realizzato Fabio Novembre».
Un vero e proprio cioccolato di lusso.
«Sì, ma un lusso democratico, che tutti possono concedersi».
E al di là del cioccolato, cos’è per lei il lusso?
«Decidere del mio tempo libero, potermi dedicare alle cose e alle persone che amo».
Come definirebbe il suo stile?
«Penso che l’abito non faccia il monaco. Da chef penso che un grembiule candido, capelli corti e in ordine e il viso pulito sia essenziale».
E quando non è in cucina, c’è un accessorio al quale non rinuncerebbe mai?
«Gli occhiali. Anche perché senza non vedo nulla. Ma io ne ho fatto anche un mio tratto distintivo, ne ho più di 350 paia e li cambio a seconda del mio umore».
Con i suoi dolci rende felici migliaia di persone, esiste un dolce che rende felice lei? Magari un dolce che le ricordi l’infanzia.
«La Foresta Nera della mia tata, la migliore che io abbia mai assaggiato. E dire che mi diede anche la ricetta, ma non sono mai riuscito a prepararla come faceva lei».
E invece, il primo dolce che ha preparato?
«Un tiramisù con savoiardi fatti da me, avevo 10 anni».